CAPOLIVERI – LE MINIERE

Il nome dell’Elba, che per gli Etruschi era Ilva, vuol dire ferro e, chi a quel tempo aveva questo metallo poteva dominare sui popoli, tanto che i Romani e gli Etruschi nel 250 A.C. entrarono in guerra per il dominio delle miniere elbane. Il successo dei romani determinò la fine degli Etruschi e Roma trasse dalle risorse ferrose abbondanza di armi per dominare il mondo.

Tuttavia, il vero e proprio sfruttamento è avvenuto nell’era moderna, soprattutto quando l’industria siderurgica con gli altiforni di Portoferraio (prima dell’ultima guerra), di Piombino e Taranto necessitavano di enormi quantità di minerali. Le miniere di Capoliveri sono Calamita, Ginevro e un piccolo cantiere denominato Sassi Neri, tutti facenti parte dello stesso complesso elbano la cui direzione si trova a Rio Marina, Comune sede di altri importanti giacimenti ferrosi. Per secoli queste miniere sono state la più grande fonte di lavoro per le popolazioni elbane, soprattutto per Rio Marina, Rio Elba e Capoliveri.

Dopo oltre 3000 anni di sfruttamento, nel 1981 l’attività produttiva è stata interrotta, nonostante nelle profondità sotto il livello del mare ci sia ancora molto ferro disponibile. Le miniere di Calamita e Ginevro si trovano una di seguito all’altra, distanziate di circa 6 Km. Si raggiungono partendo dalla Piazza del Cavatore, percorrendo una strada sterrata che si snoda su un fronte panoramico di notevole bellezza con in lontananza la Corsica, Pianosa, Montecristo e sulla sottostante costa le località turistiche di Pareti, Morcone e Innamorata.

Dopo circa 6 Km si arriva a Calamita, la miniera più importante, rutta a cielo aperto con prevalente mineralizzazione a magnetite. All’interno della miniera operavano diversi cantieri, Vallone, Albaroccia, Nuova Zona, Macei, Civetta, Polveraio, Punta Rossa, Le Piane. Le quote di escavazione variavano dai pochi metri s.l.m. del Vallone ai 280 dei Macei. Prima dell’avvento dei camion escavatori, il trasporto avveniva con i vagoni che percorrevanole strade ferrate sui vari livelli e con i piani inclinati per il trasporto da un livello all’altro.

L’abbattimento del minerale si faceva con la perforazione che prima dell’avvento del martello ad ariacompressa era manuale, adoperando la “stampa e mazza”, caricando i fori con l’esplosivo (polvere nera). “L’appezzatura” del minerale era fatta a colpi di mazza e la caricazione sui vagoni con “zappa e coffa”. Un lavoro, come si può immaginare, massacrante.

La caricazione sulle navi avveniva nella cala dell’Innamorata, vicino alle isole Gemini, dove erano situati i silos di stoccaggio e un lungo pontile che permetteva alle navi di effettuare tutte le operazioni di carico. Il pontile era collegato con l’area mineraria del Vallone tramite una ferrovia su cui si snodavano lunghi convogli di vagoni trainati da una locomotiva a vapore.

A partire dagli anni 50, gli impianti si sono sempre più modernizzati, acquisendo nuovi macchinari, escavatori, frantoi, ruspe, martelli ad aria compressa, nuove tecniche di perforazione, caricamento e brillamento mine, impianti di laveria e selezione del minerale, nastri trasportatori, nuovo pontile di carico al Vallone; insomma tante innovazioni che hanno portato un indubbio miglioramento nelle condizioni di vita del minatore, soggetto da sempre alle insidie degli esplosivi con incidenti anche mortali e alla silicosi, che difficilmente consentiva di raggiungere l’età pensionabile.

Lasciando Calamita si prosegue per ca. 6 Km fino alla miniera di Ginevro. Qui gli scavi esterni sono alquanto limitati poiché negli anni 60 si è dato inizio alla esplorazione interna attraverso gallerie che partendo da +6 si sono sviluppate su diversi livelli fino a raggiungere 54 mt. sotto il livello del mare. Dopo la fase preparativa è iniziata nel 1970 la coltivazione vera e propria attraverso un pozzo di estrazione munito di impianto automatico e una “gabbia” capace di trasportare anche il personale. L’impianto, costruito da tecnici tedeschi, era a quel tempo il più moderno d’Europa. A quota -54 era collocato un grosso frantoio per la prima appezzatura, dal quale moderni moto carrelli facevano la spola con i punti di carico, dove motopale ad aria compressa prelevavano dai fornelli posti sotto gli imbuti di coltivazione il minerale precedentemente abbattuto. una volta all’esterno la gabbia-contenitore scaricava il materiale appezzato in capienti silos, sotto dei quali passava un nastro lungo ca. 300 mt. che trasportava direttamente il minerale all’impianto di separazione magnetica (laveria).

Dopo la chiusura delle miniere l’impianto del pozzo e le gallerie sono rimasti in manutenzione conservativa.

La miniera del Ginepro era ricca di Ilvaite, Granato, Tormalina, Epitodo. Infine la miniera di Sassi Neri, situata sul versante est della costa capoliverese tra Straccoligno e Ginevro, raggiungibile a piedi partendo da Calanova o, più facilmente, via mare. Lo sfruttamento di questa miniera, ricca di Magnetite, Epitodo, Adularia bianca e verde, Tormalina nera, ebbe inizio nel 1935 per terminare nel 1960.

Le miniere di Capoliveri, chiuse nel 1981, dopo importanti interventi di recupero ed il ripristino di molti sentieri e percorsi, sono oggi visitabili ed aperte al pubblico. Si tratta di un vero e proprio museo a cielo aperto, facente parte del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano e protetto dall’ Unesco per la varietà e la qualità dei suoi minerali, dove poter scoprire l ‘affascinante ed antica storia del ferro, la flora e la fauna del promontorio più selvaggio dell’ Isola d’Elba, immersi in un paesaggio incontaminato, sopra le spiagge più belle di Capoliveri. I cantieri della miniera si possono raggiungere con il bus navetta o percorsi trekking e mountain bike di diversi livelli, sempre accompagnati dalle guide ambientali. Lungo la vecchia strada dei minatori, sopra il cantiere Vallone, un piccolo museo, all’interno dell’ officina meccanica della miniera, racconta la storia, la vita e le tradizioni dei cavatori del Monte Calamita. Le sue sale riproducono alcuni ambienti tipici della lavorazione ed il suo archivio, con i documenti e le cartografie antiche, racconta i cambiamenti del paesaggio minerario. Il museo si può raggiungere dal paese con la propria auto, seguendo la strada per la miniera, o con percorsi trekking e ciclabili ed è aperto tutte le mattine da giugno a ottobre.

Le miniere di Calamita sono un luogo ideale per chi voglia immergersi in paesaggi di grande suggestione e coloratissimi, fatti di silenzi e di terra antica, luoghi che hanno conservato una propria forza selvaggia e che rimanda ai primordi del nostro pianeta e che testimoniano la dura vita dei cavatori di un tempo andato.

Per informazioni su escursioni ed orari vi rimandiamo al seguente link: www.minieredicalamita.it

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